31/05/15

Sporo



latino: Sporus; in greco Σπόρος; di fatto il nome è greco, fu un liberto eunuco con cui l'imperatore Nerone volle unirsi in matrimonio.

L'Imperatore nel 66 d.C., durante un accesso di rabbia, diede un calcio all'addome della moglie incinta Poppea, uccidendola. Per rimorso ordinò di trovare qualcuno il cui volto somigliasse a quello della moglie assassinata. Il volto che risultò più simile fu quello del giovane liberto Sporo, il cui viso era straordinariamente simile a quello della moglie. Si narra dunque che Nerone abbia ordinato ai suoi chirurghi di castrarlo e di trasformare il liberto in donna. I due si unirono così in matrimonio. Sporo ebbe tutti gli ornamenti propri delle imperatrici e ricevette il titolo di Augusta e accompagnava ufficialmente Nerone durante le visite, come per esempio quella in Grecia.

Ne parla, tra gli altri, lo storico romano Gaio Svetonio Tranquillo nella Vita di Nerone (28,1-2; 29, 1; 46, 1). Il fatto tuttavia parrebbe improbabile, se non caricaturale e diffamatorio, in quanto lo stesso Svetonio non ebbe modo né di conoscere Sporo, né di vivere all'epoca di Nerone, nascendo solo due anni dopo la morte dell'imperatore. Tuttavia il fatto viene riferito anche da altre fonti, come Aurelio Vittore (Epitome de Caesaribus 5, 7) e Cassio Dione (Epitome LXII, 28).

Il matrimonio, secondo Cassio Dione (Epitome LXII, 12-13), sarebbe avvenuto in Grecia e Nerone avrebbe affidato il giovincello alle cure di Calvia Crispinilla, come dama di camera. Secondo vari autori, Nerone avrebbe contratto due "matrimoni" con persone dello stesso sesso. Già in precedenza era "maritato" con un altro liberto di nome Pitagora. Quest'ultimo "sarebbe stato per lui un marito, mentre Sporo sarebbe stato per lui una moglie".

Sporo rimase accanto a Nerone fino all'ultimo giorno, e si tramanda che fu presente anche alla sua morte (Vita di Nerone 48, 1; 49, 3), e, addirittura, secondo Aurelio Vittore (Epitome de Caesaribus 5, 7), sarebbe colui che resse il gladio con cui egli si dava la morte. Un ruolo di rilievo che il suo personaggio compare anche in opere teatrali che descrivono tale evento (ad esempio Martello 1735).

Alcuni studiosi considerano quella effettuata su Sporo come la prima operazione di cambiamento di sesso storicamente descritta.

fonte: Wikipedia

eunuco

col termine eunuco (dalla composizione dei due termini greci εὐνή ed ἔχω, "letto" e "custodisco") sono indicati quegli uomini che erano sottoposti, in età prepuberale o puberale, a interventi più o meno estesi di mutilazione dell'apparato genitale, tali da condurli a impotentia generandi o a una più radicale impotentia coeundi. Essi furono comuni a molte corti sovrane, soprattutto orientali, da quelle musulmane come quella dell'Impero Ottomano a quella del Celeste impero cinese.

Storia

L'istituto dell'evirazione ha caratterizzato un gran numero di società e di culture umane, in età antica, medievale e moderna, in Europa, Asia e Africa. Ciò era essenzialmente dovuto alla grande richiesta di persone a cui poter affidare, senza timore, delicati compiti di sorveglianza dei ginecei, ma anche per impedire l'adozione di pratiche nepotistiche, nel caso si fosse deciso di affidar loro importanti e delicate funzioni, civili, militari o religiose o, infine (in caso di castrazione in età prepuberale), per esaltare il registro alto canoro, specialmente ricercato nei cori ecclesiastici o di teatro civile dove, fino all'età moderna, fu impedito il ricorso a rappresentanti del "gentil sesso" sostituite da voci bianche (nel Settecento fu celebre il soprano Farinelli).

Il valore sul mercato dell'eunuco dipendeva dall'età e dalle sue doti fisiche ed intellettuali: qualora evirato in età prepuberale, la percentuale dei sopravvissuti all'intervento era abbastanza alta, ma a ciò faceva da contraltare il mancato sviluppo della sessualità secondaria (voce, massa muscolare poco tonica, apatia, indole tendenzialmente remissiva e poco intraprendente) che, salvo ciò fosse precisamente richiesto dal compratore, ne faceva abbassare relativamente il valore.

Al contrario chi fosse stato evirato in età post-puberale e fosse sopravvissuto (la frequenza dei morti nel corso dell'intervento, o immediatamente dopo, era infatti elevatissima) manteneva le caratteristiche sessuali secondarie (voce profonda, buon tono muscolare, indole maggiormente volitiva) e tutto ciò consentiva che egli avesse un valore assai più alto di mercato.

Nella cultura islamica gli eunuchi (khiṣyān, sing. khāṣī) - distinti dai veri e propri castrati (majābīb, pl. di majbūb) - divennero normale corredo dei potenti: dal Califfo, ai governatori, dai sovrani ai Sultani. Sovente, oltre alla custodia degli harem, era loro affidata la cura dell'amministrazione e dell'apparato militare, mentre non mancarono sovrani di ottime capacità (come fu il caso di Kāfūr nell'Egitto ikhshidide o del Caid qāʾid Pietro nella Sicilia arabo-normanna).

Particolarmente esperti nell'operazione erano, in ambiente islamico, gli Ebrei di Pechina, durante il periodo di al-Andalus (Spagna islamica) e Lucena, come pure i loro correligionari di Verdun, grazie alle loro adeguate conoscenze medico-anatomiche. I musulmani acquistavano per questo fine schiavi dell'Alto Egitto, del Khorāsān, del Sind, dell'Abissinia ed in genere dei paesi sudanesi (Sūdān significa genericamente "Neri").

Secondo fonti islamiche coeve o di poco successive, il califfo abbaside al-Muqtadir possedeva 11.000 eunuchi: 4.000 Greci e 7.000 Africani.

In letteratura

Nella letteratura classica (latina), il commediografo Publio Terenzio Afro sfrutta l'ambiguità sessuale di tale personaggio (eununcolo) come carattere comico: ripresa chiaramente plautina.

Nel libro L'albero dei giannizzeri di Jason Goodwin, il protagonista, Yashim, è un eunuco che svolge delicati incarichi investigativi e politici nella corte del Sultano ottomano a Istanbul.

Un'altra figura letteraria di eunuco si trova nella saga Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin: si tratta dell'ambigua figura di Varys, membro del Gran Consiglio di Approdo del Re.

Ne Le sei reincarnazioni di Ximen Nao, romanzo del premio Nobel Mo Yan, Xu Bao, addetto alle castrazioni degli animali nel villaggio di Ximen, scopre di essere egli stesso un eunuco.

"Ḥijāʾ di Kāfūr" è un'invettiva o satira del celebre poeta arabo dell'età abbaside al-Mutanabbi, nella quale il poeta esprime la sua ira politica nei confronti dell'eunuco Kāfūr, Reggente ikhshidide in Egitto, scrivendo:

« Invece di agguantare la loro anima, la morte se ne impadronisce con l'estremità di una bacchetta tanto essa è ripugnante. »

fonte: Wikipedia

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