29/03/16

Duff: uno di questi pagliacci dominerà gli Usa (e il mondo)

Ho appena finito di farmi una barba lunga così ascoltando Mitt Romney e Donald Trump. Cominciamo allora dal livello di assurdità che li distingue: ai tempi della guerra in Vietnam sono stati entrambi degli spregevoli renitenti alla leva. Nel corso della loro vita hanno avuto entrambi dei forti legami con il crimine organizzato. Hanno entrambi ereditato le loro fortune personali, poi incrementate fregando gli altri. Affrontiamo inoltre un’altra verità a lungo dimenticata: il Gop è interamente gestito da Sheldon Adelson, un boss del gioco d’azzardo di Macao, con una storia di cui non possiamo cominciare a discutere sperando poi di poter entrare in una macchina senza l’aiuto di una squadra di artificieri. Ad aiutarli ci sono i ‘gemelli malvagi’, i fratelli Koch, dei mostri indescrivibili. Guidano il Partito Repubblicano e possono evitare di essere considerati come ‘criminalità organizzata’ solo perché sono più grandi e potenti del tradizionale ‘crimine organizzato’, oltre che molto più pericolosi.
Mentre la gente è costretta a saccheggiare i propri risparmi, sono proprio queste bestie [Adelson, i Koch …] e i politici che esse controllano – sono 350 i membri del Congresso e 22 i governatori di cui tirano le fila, assieme ai cartelli della droga, alle Trump e Hillarycompagnie petrolifere e a Wall Street – ad essere i veri terroristi: sono essi stessi l’Isis, Al-Qaeda, l’incarnazione stessa della guerra. Puntare il dito contro Hillary o George Soros è semplice … sono dei bersagli molto facili, lo ammetto. Sono i pianificatori delle vicende di Bengasi, i sostenitori di Boko Haram, di al Qaeda e dell’Isis. Tuttavia, se vogliamo ‘crescere’ e porci delle domande difficili, chiediamoci perché la tronfia ‘principessa neocon’ [Victoria Nuland], moglie di uno dei fratelli Kagan, fu ‘consacrata’ alla distruzione dell’Ucraina proprio da Hillary Clinton. I ratti stanno spolpando l’Ucraina mentre i politici fascisti che a loro fanno capo, con l’aiuto di una ben orchestrata ‘crisi dei profughi’, stanno prendendo l’Europa dal basso.
Prendetevi i 6 minuti e 27 secondi che sono necessari e sedetevi su una sedia a guardare il video del “South Front”. Cominciate a pensare alla situazione del mondo intero e al fatto che, mentre stiamo spingendo la Russia verso la bancarotta e la Cina verso la guerra, i nostri ‘salvatori’ dovrebbero essere proprio questi pagliacci. Mi piace veramente tanto ascoltare Trump. Quello che posso dire è che ha un’intelligenza di basso livello, che è un personaggio tutto sbagliato ed essenzialmente la caricatura di se stesso: il cartone animato di un cartone animato. Tuttavia, vale il doppio di Mitt Romney ed è una specie divinità se comparato a Kasich, a McCain o a Jeb Bush. Romney crede veramente di potersi infilare nella corsa alla presidenza e c’è un motivo se può Sheldon Adelsonnutrire questa speranza. Il Gop sta alimentando il ‘Dipartimento di Giustizia’ con dei propri files su Trump. Romney, inoltre, sembrerebbe un candidato perfetto, affidabile, con la sua abbronzatura scintillante e i suoi abiti sempre un po’ troppo attillati.
Mi ricordo di G. W. Bush e della sua enorme tuta antiproiettile, adatta a coprire il suo grosso sedere e le sue spalle strette: un tentativo per bilanciare il suo sguardo, compreso fra quello di uno scimpanzé e quello del ‘Gollum’ [un personaggio del “Signore degli Anelli”]. Romney, invece, ha un aspetto esteriore veramente bello e, dopo aver ascoltato il discorso di Trump, il suo commento ‘in ginocchio’, comincio a pormi un paio di domande al riguardo di Trump. Ma poi, di nuovo, in una nazione governata da pedofili, l’idea di mettere in discussione la natura di qualsiasi relazione fra adulto e adulto – o fra essere umano ed essere umano, se quest’ultimo termine è più chiaro – viola i veri standard morali dell’America, per come essi sono nella realtà. Nel 2012 alcuni amici dell’Fbi vennero a trovarci nella nostra sede, portando con loro la prova della complicità di Romney con la criminalità organizzata, con il traffico di droga – assieme al suo partner Carlos Salinas – e infine i contratti clandestini che aveva stipulato con Castro ed il ‘Kgb’. Le registrazioni di quelle interviste sono su YouTube.
Qualunque sia la mia opinione su Trump, è un ‘capo’ e ha le spalle ben al di sopra della gente del Gop. Ha introdotto un nuovo livello di chiarezza nel discorso politico americano. Il solo problema è che molto di quello che dice è poco considerato, una conseguenza del suo convulsivo modo di parlare, generato da quello che posso solo immaginare sia un caso di ‘sindrome da deficit di attenzione’. Non credo, comunque, che intenda esprimere, nella realtà, le cose folli che gli escono di bocca ed è senz’altro molto meno ‘pericoloso’ di quanto possa sembrare. Anch’io credo che non sia in possesso delle capacità amministrative e dell’energia personale che possano metterlo davanti al ‘pacchetto’ [dei candidati repubblicani alla presidenza]. Per quanto riguarda i democratici, in questo momento è Hillary la favorita. A meno che non venga uccisa, sarà lei Mitt Romneyil presidente. Il suo programma di politica interna è eccezionale ma, per quanto riguarda la politica estera, è chiaro che lei è ‘gestita’ da una ‘forza nascosta’ che non ama molto gli Stati Uniti.
E’ molto doloroso doverlo dire, in particolare per chi come me è sempre più anziano e non è ancora uno stupido integrale. Mi ricordo di Ike, di Nixon e di Reagan. Dei rospi velenosi che avrebbero dovuto essere strangolati nella culla, ma che tuttavia erano lontani mille miglia da ‘W’ [Bush], la più grande mostruosità umana della nostra epoca, di qualsiasi nazione e di qualsiasi specie. Il rischio reale, con Trump, è che nessuno lo può comprare e che lui non condivide i sogni del resto del Gop, capace solo di blandire i ragazzini e ballare al fianco di Tony Scalia, in una gioiosa esaltazione dell’Angelo della Luce [Lucifero]. “Veterans Today” è per la maggior parte un club di bravi ragazzi ma, per quanto riguarda le pubblicazioni, lo staff di Vt è composto più da ‘Bar Fighters’ [combattenti da bar] che da ‘Bible Thumpers’ [coloro che considerano la Bibbia uno strumento per attaccare gli altri e non la guida per una vita corretta]. Ci sono delle verità in quello che stiamo dicendo, per la memoria di cui siamo portatori e che speriamo di condividere con tutti gli altri, mettendo gli orologi Gordon Duffindietro fino all’epoca di presidenti ormai morti da molto tempo, come Roosevelt, Truman, Ike e gente simile, come ad esempio il primo ministro Churchill.
Ma siamo ormai arrivati al momento della ‘ricreazione’ pomeridiana, del football consumato ‘out of the box’. Il pipistrello si è liberato dai legacci e ha messo fuori la testa, sul campo di gioco. Alcuni ragazzi sono rimasti indietro, giocano al ‘salto della corda’ con le ragazze sviluppando quelle capacità che altri vorrebbero aver guadagnato. Altri invece si sono attaccati alle gonne delle insegnanti in attesa del suono della campanella, che consentirà loro di tornare alla sicurezza e al calore delle loro scrivanie. Sono proprio quest’ultimi, coloro che non hanno mai fatto una scelta, che non hanno mai battuto troppi sentieri, sono proprio costoro i nostri leader nazionali. Se guardiamo ai candidati del Gop, a Jeb, a Kasish, a Cruz, a Rubio o a Trump, anche a Romney, ebbene sono proprio loro ‘quei ragazzi’, quelli di cui ci eravamo scordati e che sono riapparsi nella nostra vita come una vile pugnalata alle spalle, con le loro facce che sorridono alle organizzazioni criminali. Ditemi voi se mi sto sbagliando.
(Gordon Duff, “Solo una goccia d’intelligenza”, da “Veterans Today” del 3 marzo 2016, tradotto da “Come Don Chisciotte”. Veterano del Vietnam, Duff è un prestigioso analista internazionale, molto popolare anche sui media).

fonte: www.libreidee.org

26/03/16

chi comanda

La conduttrice di “Report” Milena Gabanelli denuncia: “Ecco chi comanda veramente”. E la RAI elimina il video della trasmissione!

La Gabanelli e’ una famosa giornalista della RAI, che con il suo programma inchiesta REPORT che va in onda su RAI 3, ha spesso creato imbarazzo nelle autorità politiche. Ma come tutti i giornalisti non supera quella famosa linea rossa dell’informazione, che pero’ in questo caso sembra aver varcato anche se in modo soft. Guardatevi il video (link video) e’ capirete perché’ in Italia ed Europa sta accadendo quello che sta accadendo…
Pensate che stanno censurando questo video in tutto il mondo negli archivi on line Rai la puntata e’ stata letteralmete eliminata!!! E dovremmo pagare il canone per questi servi criminali!!
LA DENUNCIA DELLA GABANELLI CHE FA TREMARE “MEZZO MONDO”.ECCO CHI CI COMANDA VERAMENTE.IL VIDEO DELLA TRASMISSIONE “REPORT” DA NON PERDERE E CONDIVIDERE.
“Quando la politica non funziona diventa tecnica (o meglio tecnocrazia, vedi i governi tecnici susseguitisi in italia dopo la caduta pilotata di Berlusconi, Monti in primis)”. Con queste parole la Gabanelli esordisce all’ inizio di questo video, che svela ciò che molti non sanno e che altri non vogliono che si sappia…
Tutto parte dagli anni 80, quando esponenti di spicco di Stati Uniti, Europa e Giappone diedero vita allacommissione trilaterale (gruppo Bilderberg) voluta da Rockfeller per disegnare il futuro del mondo. Da allora, questa commissione non ha mai smesso di riunirsi in seduta plenaria una volta l’anno (con esponenti politici, industriali ecc), eancora oggi decide le sorti politiche e non solo del pianeta. Nel corso degli anni essa si è posta sempre l’obiettivo di ridurre la democrazia, dando sempre più potere ai governi e meno ai parlamenti, più tecnocrazia (dittatura fiscale e non solo) e meno politica.
I membri della commissione ritengono che ogni paese non abbia bisogno di uno “Stato” così come lo si è inteso per centinaia di anni, e quindi agiscono per poter eliminare il concetto di sovranità nazionale e di autodeterminazione (come dimostrato dall’ Euro e dall’ UE).
Negli anni in cui fu fondata la commissione trilaterale, nessuno poteva pensare che essa avrebbe portato il mondo a diventare ciò che è oggi, talmente connesso a livello finanziario che se dovesse cadere una nazione si trascinerebbe dietro l’intero pianeta.
E anche di ciò che è stato sopra citato l’Euro e l’ UE ne sono una palese dimostrazione alla luce del sole, dove la Grecia in primis e l’Italia rappresentano la minaccia europea, ossia le nazioni che potrebbero cadere e trascinarsi dietro l’intera Unione Europea.
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MA CHI SONO ATTUALMENTE I MEMBRI DELLA COMMISSIONE TRILATERALE? E CHI SONO QUELLI ITALIANI?
Mario Monti lo troviamo, ovviamente, anche qui con un ruolo di prim’ordine: infatti è stato addirittura il presidente europeo della Commissione Trilaterale, posto che oggi è ricoperto da Jean-Claude Trichet, che guarda caso era già stato, proprio come Mario Monti, presidente della lobby belga Brugel. Trichet è anche Presidente del Gruppo dei 30, potenti della finanza mondiale di cui fa parte anche Mario Draghi. E come se non bastasse è proprio Trichet che ha preceduto Draghi alla presidenza della Banca Centrale Europea.
Come presidente onorario europeo della Commissione Trilaterale abbiamo un tale Peter Sutherland, e indovinate chi è? È il Presidente della Goldman Sachs, la stessa per la quale hanno lavorato proprio Monti, Prodi, Draghi, la stessa della crisi in America dei mutui subprime, la stessa della crisi in Italia con la vendita dei BTP, la stessa che ha aiutato la Grecia a truccare i conti con operazioni di finanza “creativa”, e che poi ha imposto in Grecia il suo uomo, Papademos.
Nella Commissione Trilaterale troviamo anche il nostro ex Presidente del Consiglio Enrico Letta, che è anche vicepresidente di Aspen Italia, e che ha partecipato al Bilderberg nel 2012, ossia l’anno prima di essere scelto come Presidente del Consiglio italiano. Poi abbiamo John Elkann, presidente della Fiat, altro vicepresidente di Aspen Institute Italia, assiduo frequentatore del Bilderberg. Egli è inoltre presidente dell’Editrice La Stampa e di Itedi, ed è nel consiglio di amministrazione di RCS MediaGroup, e di “The Economist”.
È membro della Commissione Trilaterale anche Enrico Tommaso Cucchiani, che proprio nel 2013 ha partecipato al Bilderberg in sostituzione di Corrado Passera come CEO di Intesa Sanpaolo, la principale banca italiana e maggiore azionista della Banca d’Italia, che è rappresentata nella Trilaterale anche dal vicepresidente Marcello Sala, che ha ricevuto dal consiglio di gestione l’incarico di sviluppare le relazioni internazionali e seguire i progetti di internazionalizzazione del gruppo bancario. Presente anche Giuseppe Vita, presidente di UniCredit, altra banca azionista della Banca d’Italia. Cominciate a capire dove prendono le decisioni che riguardano i nostri soldi? Anche Gianfelice Rocca, presidente Techint Group, proprio come Cucchiani, ha partecipato al Bilderberg nel 2013, ed anche lui è membro del comitato esecutivo
di Aspen Institute. Queste lobby sembrano davvero essere onnipresenti, ed i partecipanti indissolubilmente interconnessi. Non faccio in tempo a cominciare la conta delle “tre”coincidenze che mi ritrovo subito davanti ad una prova.
Nella Commissione Trilaterale non poteva mancare Marco Tronchetti Provera, presidente della Pirelli, componente del consiglio di amministrazione di RCS Quotidiani, membro dell’esecutivo di Confindustria, vicepresidente di Mediobanca. Anche Tronchetti Provera ha ovviamente in passato partecipato alle riunioni del Gruppo Bilderberg. Ormai diventa quasi scontato e quindi superfluo ribadirlo. Poi troviamo Marta Dassù, che, oltre ad essere membro della Commissione Trilaterale, è Direttore Generale per le Attività Internazionali di Aspen Institute, ed è stata anche consulente per la politica estera di D’Alema.
Dassù è stata sottosegretario al ministero degli Affari Esteri nel Governo Monti (Bilderberg) e viceministro della Bonino (Bilderberg), agli Esteri nel Governo Letta (Bilderberg). Come noterete, si scelgono tra di loro. Su questo non ci può essere più alcun dubbio, alla faccia del popolo sovrano.
Poi c’è Federica Guidi, vicepresidente di Ducati, che ha partecipato alle riunioni della Commissione Trilaterale, e guarda caso proprio recentemente la Ducati è stata venduta ai tedeschi di Audi. Sarà anche questa una coincidenza? Ovviamente sono in pochi gli italiani a saperlo: tutti invece pensano che la casa motociclistica sia ancora italiana. La Guidi è anche Presidente dei giovani imprenditori di Confindustria. E perché no? è giusto che in queste lobby si cominci ad essere indottrinati fin da giovani (chissà che non ce la troveremo come Ministro al prossimo governo).
Cosa dire dei rappresentanti delle principali aziende da privatizzare? Ovviamente li ritroviamo tutti sugli attenti anche in quest’altra lobby di matrice neoliberista. Abbiamo infatti Giuseppe Recchi del gruppo Eni, e Pier Francesco Guarguaglini, presidente di Finmeccanica.
Abbiamo visto che le banche sono tutte in prima fila nella Commissione Trilaterale, ed, infatti, possiamo aggiungere oltre alle principali, già citate, anche Maurizio Sella, presidente del Gruppo Banca Sella ed ex Presidente della Associazione Banche Italiane; Ferdinando Salleo, vicepresidente di Mediocredito ed ex ambasciatore italiano negli Stati Uniti. Ma non si sono fatti mancare proprio nulla, ed infatti abbiamo anche Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali, editorialista de “Il Sole 24 ore”, che è stato anche sottosegretario di stato alla Difesa ed è membro del consiglio d’amministrazione della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza; ed ancora, Franco Venturini, giornalista, storico commentatore per gli affari esteri del “Corriere della Sera”, un altro gruppo che abbiamo visto essere sempre presente in vari modi in queste lobby.
E per concludere, proprio come Mario Monti abbiamo Carlo Secchi, professore ordinario di politica economica europea, e Rettore dell’Università Bocconi dal 2000 al 2004. Io ho ricevuto da una mia fonte una locandina assolutamente inedita che dimostra che addirittura nel 1983, in occasione dei dieci anni della Commissione Trilaterale, la riunione si svolse a Roma, e come relatori per L’Italia ci furono proprio Romano Prodi in veste di presidente dell’IRI, incredibilmente insieme a Mario Monti, che non sono riuscito a capire a che titolo sia stato scelto, a quei tempi, come relatore per l’Italia in una così importante commissione, essendo semplicemente un professore di economia. Soltanto l’anno dopo quella riunione, infatti, diventerà professore della Bocconi di Milano, e poi comincerà la sua carriera alla Commissione Europea.
Tra i relatori per l’America c’era il pericoloso, controverso e potentissimo Segretario di Stato Henry Kissinger. Per quanto riguarda i nostri politici che partecipano alle riunioni di queste lobby di potere, come il Bilderberg o la Commissione Trilaterale, la domanda che mi pongo è la seguente: non c’è un evidente conflitto d’interessi con gli incarichi pubblici che svolgono?
Di Francesco Amodeo
Fonti: ilgiornaledellasera
Tratto da: segnidalcielo
http://ununiverso.altervista.org/blog/la-conduttrice-di-report-milena-gabanelli-denuncia-ecco-chi-comanda-veramente-e-la-rai-elimina-il-video-della-trasmissione/
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it

24/03/16

la nostra terra vale più del denaro

E’ evidente a chiunque abbia occhi per vedere che il massimo problema del nostro tempo è la perdita di sovranità. Dei popoli, delle nazioni, degli stati, persino dei singoli, schiacciati dall’immenso meccanismo di costruzione del consenso e di coazione al consumo. Banche, l'Unione Europea, istituzioni finanziarie, organizzazioni transnazionali, multinazionali ci hanno strappato tutte le sovranità: quella politica, quella monetaria, militare, quella culturale e territoriale. Un’altra gravissima espropriazione di sovranità è stata realizzata negli ultimi decenni, con moto accelerato nel nuovo millennio.

Si tratta della sovranità alimentare dell’Italia, minacciata da una lunga serie di fattori il cui filo rosso è sempre il solito: la globalizzazione e l’imperio dei giganti multinazionali. Che un popolo debba avere di che nutrirsi è talmente evidente che non servono motivazioni, ma altrettanto indispensabile è che i beni primari - quelli alimentari e l’acqua - siano prodotti localmente, di qualità, con garanzia di salubrità, a prezzi accettabili, e distribuiti in maniera diffusa. Non è più così, ed il danno è drammatico. Siamo passati dal 92 per cento di autosufficienza alimentare del 2000 a meno del 75 per cento, ed il dato più grave è che la proprietà di fondi, terreni, allevamenti, marchi, reti distributive è sempre più concentrata in mani straniere.

Aggiungiamo la vergogna della progressiva privatizzazione dell’acqua e la minaccia del TTIP, Trattato Transatlantico, che devasterà in primis il mondo agricolo e l’industria di trasformazione, con ulteriore abbandono delle campagne, chiusura di decine di migliaia di imprese, rischi pesantissimi per la salute, invasione di organismi e sementi geneticamente modificati, pesticidi carissimi coperti da brevetti, distruzione di tipicità produttive, perdita di identità e cultura materiale.

Per questo, il pericolo va denunciato per recuperare e difendere la sovranità alimentare, da affrontare come emergenza nazionale. La sovranità alimentare implica il controllo necessario ad un popolo nell’ambito della produzione e del consumo degli alimenti. Le nazioni devono poter definire una propria politica agricola ed alimentare in base alle proprie necessità. L’Italia ha perso dagli anni Settanta cinque milioni di ettari coltivabili a causa dell’abbandono delle terre, del dissesto idrogeologico e della cementificazione. Intere aree dell’Italia sono da anni in via di spopolamento con i giovani in fuga verso le città e l’estero.La superficie agricola utilizzata è diminuita del 30 per cento nello stesso periodo.


L’Italia è il terzo Paese in Europa e il quinto nel mondo per deficit di suolo. Per coprire il nostro fabbisogno alimentare mancano 61 milioni di ettari. Ogni giorno sono impermeabilizzati 100 ettari di terreno, 10 metri quadri al secondo.

Si privilegiano le Grandi Opere che di grande hanno solo le tangenti anziché avviare un piano di lungo termine per mettere fine al dissesto idrogeologico ed alla bonifica dei terreni avvelenati da scorie di ogni tipo. Una terra dei fuochi non certo limitata alla Campania. L’embargo alla Russia ha avuto un effetto devastante sull’esportazione di prodotti alimentari, e la perdita, nel solo settore agricolo, è stimata attorno ai 300 milioni a tutto il 2015.

La sovranità alimentare si può definire come il diritto di tutti i popoli, nelle forme politiche concrete che ciascuno sceglie di darsi, di decidere il proprio modello di produzione, distribuzione e consumo degli alimenti. Un diritto che non nega gli scambi e le relazioni internazionali ma li definisce in un quadro di equità, distante dalle logiche di profitto immediato dell’industria agroalimentare e chimica globalizzata.

Deve tornare ad essere vera quella splendida intuizione di Cicerone:“Piantare alberi per un’altra generazione”. Quale multinazionale accetterebbe infatti di “sprecare” terreni, ad esempio, per gli oliveti, che i padri hanno sempre piantato per i loro figli?

Anche una parte assai rilevante della grande distribuzione – pensiamo a gruppi come Carrefour o Leclerc, è controllata da gruppi esteri, interessati a vendere prodotti a basso costo ed alto profitto provenienti dal mercato globale, espellendo dal mercato i nostri agricoltori.

Una filiera distrutta in nome del solito mercatismo, in nome del quale importiamo limoni, mele, pere e pomodori dal Sudamerica, che percorrono 18.000 chilometri prima di giungere in tavola. Il mare si inquina, si dragano golfi per costruire fondali sufficienti all’attracco di navi sempre più gigantesche, si trivellano pozzi di petrolio per riempirne i serbatoi, si contrattano febbrilmente noli, sempre più bassi per la crisi, per portarci prodotti che produciamo da secoli o millenni in grande quantità e di qualità migliore.

Nei decenni passati, la PAC (Politica Agricola Comune) europea ha costretto a vergognose distruzioni di agrumi, frutta e verdura di alta qualità, ed è questo un peccato che grida vendetta, con i tanti italiani poveri e le centinaia di milioni di affamati.

Vicende come quelle di Parmalat e Cirio sono ancora nella memoria di molti. Di seguito, citiamo un elenco, incompleto e parziale, di marchi, industrie, produzioni sparite o in mano a gruppi stranieri.

La Unilever, multinazionale anglo-olandese, è attualmente la quarta azienda del largo consumo in Italia con un giro d’affari di poco inferiore ai 2 miliardi. Possiede, tra l’altro, Algida, Sorbetteria Ranieri, Riso Flora, Bertolli e l’azienda di confetture Santa Rosa. La seconda multinazionale alimentare al mondo, la Kraft è proprietaria di diverse realtà italiane del settore lattiero-caseario: Fattorie Osella, Invernizzi, rivenduto nel 2003 alla francese Lactalis. Sono sue Negroni, Simmenthal, Gruppo Fini, Splendid, Saiwa.

Nestlé, gigante svizzero dalla fama sinistra, è proprietario di Perugina, Vismara, Sasso, Pezzullo, Berni, Italgel, Motta, Valle degli Orti, Surgela, la Cremeria, Maxicono, Marefresco, Nel settore bevande, sono targate Nestlé: San Pellegrino ed i marchi Levissima, Panna, Recoaro, Pejo, San Bernardo. Francesi sono Bsn-Gervais-Danone e Lactalis con un numero enorme di marchi italiani, tra cui Galbani e Agnesi, il più antico pastificio d’Italia, che chiuderà, dopo un’agonia di anni alla fine del corrente anno.

La Sperlari, con Saila, Dietorelle, Dietor e Galatine, è controllata dall’olandese Leaf International BV, azienda leader del mercato dolciario. Il Riso Scotti è spagnolo ed il vino Chianti è ormai largamente in mani straniere, con il suo prezioso, irripetibile terroir ed il paesaggio frutto della sapienza di generazioni. La Birra Peroni, con Nastro Azzurro, è entrata a far parte del colosso sudafricano SABMiller , tra i più grandi produttori di birra al mondo. La Star, quella del doppio brodo e di marchi come Pummarò, Sogni d’Oro, Gran Ragù Star, Orzo Bimbo, Riso Chef, Mellin è stata acquisita dal gruppo Agrolimen.

La Norcineria Fiorucci è stata ceduta al gruppo spagnolo CampofrioFood, il vino Ruffino (Chianti ed altro) ha venduto le proprie quote all’americana Constellation Brands; il controllo del gruppo Gancia, storico marchio vinicolo dell’antica famiglia nobiliare piemontese di quel nome, è passato nelle mani della multinazionale russa Russian Standard Corporation. L’elenco potrebbe continuare a lungo, purtroppo.

E’ la globalizzazione, bellezza!

Occorre lottare, destare coscienze, comprare testardamente le nostre cose, alimentare i mercatini tipici, gli acquisti collettivi, il cosiddetto km Zero, sostenere qualsiasi iniziativa concreta a favore della nostra agricoltura. E’ una battaglia per noi stessi, ideale, nazionale e popolare. Se è vero, come sosteneva Feuerbach, che l’uomo è ciò che mangia, siamo in pericolo: sovranità alimentare è vita.

“Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, ci accorgeremo che non si potrà mangiare il denaro. La nostra terra vale più del denaro.” Questo disse agli invasori yankees il capo indiano Piede di Corvo.



fonte: freeondarevolution.blogspot.it

19/03/16

la lupa


bene, la mia solidarietà è bella e finita.
quella simpatica confusione che faceva del politico una donna è conclusa.
dopo quella espressione di protezione e di smarrimento che dicevano di un affidarsi al senso ancestrale delle cose riprende corso il treno del marasma propagandistico e la primitività del cervello rettiliano.
ora permane l'idiozia.
non solo della Meloni, per carità, ma di molto entourage politico, soprattutto femminile.
l'idiozia può arrivare al punto di prendere una posizione di pura opposizione all'enunciato maschile perdendo completamente di vista il valore simbolico dei gesti, il valore assoluto delle scelte.
si scagliano scandalizzate alle frasi bonarie perfino naif sulla maternità di un Bertolaso strattonato a destra e a manca - ma di certo non mi fa pena questo fantoccio rincorso da avvisi di garanzia e pluripremiato indagato che qualche demente senza idee in testa pensa di servire alla città di Roma come possibile sindaco perpetuando la cattiva salute di una città già molto malata di corruzione e pessima politica - pure a quelle di un Berlusconi, e porca miseria, per la prima volta e spero l'ultima nella mia vita mi trova d'accordo, quando strepita che una donna in attesa di un bambino non è indicata a fare il sindaco di Roma - anche se è chiaro che l'intento di Berlusconi non è certo protettivo nei confronti di chi inevitabilmente sta sgretolando il suo progetto politico sulla capitale.
mettendo da parte le questioni politiche e il significato sociale dei diritti civili ma ragionando sulle vite degli uomini e delle donne, dobbiamo offenderci per questo, dobbiamo dire frasi acefale tipo: un uomo non deve mai dire a una donna quello che deve fare o cretinerie imperdonabili alla Boschi tipo: a un uomo non si è mai detto di non fare il sindaco perché diventerà padre?
forse che le donne non dicono di continuo dalla mattina alla sera quello che un uomo deve fare? non è lo sport nazionale femminile indicare i tempi i modi e le strategie che un uomo deve adottare nella vita? dobbiamo farci portatrici delle peggiori cazzate del bestiario nazionale? delle peggiori banalità in bocca ai coglioni? dobbiamo perpetuare le fesserie imperanti che regolano le discriminazioni, reciproche, tra i sessi?
tra poco qualcuno riuscirà a dimostrare che per fare un figlio non ci vuole un gamete maschile e uno femminile e che anche i canguri hanno diritto di avere figli tra omosessuali e mettere su famiglia tanto quel che conta è l'amore.
la scienza è diventata una gran puttana e questo ormai è una via senza ritorno,
ma una donna non è come un uomo e mai lo sarà, anche dovesse venire giù l'universo intero saremo diversi per sempre, fino all'ultimo dei nostri respiri.
e una madre non è come un padre, nemmeno dovessero a impiantare un utero a un uomo finalmente appagato di possedere lo strumento che fa girare il mondo.
ma cosa ci guadagniamo a fare gli uomini? 
ma dove sta scritto che la parità e i diritti civili nascono dal mettere al mondo un figlio a darlo in mano a qualcun altro per crescerlo? ma quando capiremo che certe parità sono solo una perdita e una colossale fregatura?ma dov'è finito quel meraviglioso mondo femminile che preserva l'uomo dalle brutture? che custodisce il valore inestimabile della diversità e dell'alterità?
ma da quando fare la madre e fare il padre è perfettamente intercambiabile? da quando la cura materna ha lo stesso valore simbolico del ruolo paterno? ma per quale motivo dobbiamo fare della genitorialità una marmellata indistinguibile? ma per quale straccio di ragione si può arrivare a pensare di appiattire e stralciare dalla storia dell'uomo i simboli madre e padre a arrogarci il diritto di pensare che per le creature che verranno andrà comunque bene delirando che non è questo quel che conta? per per quale motivo il limite va sempre oltrepassato a scapito della vita stessa? 
ci si indigna per cosa? perché in qualche angolo polveroso e dimenticato ancora resiste l'idea che la maternità abbia un valore sovrano e che andrebbe vissuta e preservata da interferenze di qualsiasi genere soprattutto coglionerie di rivalsa verso un mondo maschile che, tra le altre cose, quel privilegio non ce l'ha?
Roma mamma lupa, dice la Meloni, mai esempio fu più stonato e ignorante, nulla più dell'uomo appartiene alla naturalità tutto è condizionato dalla cultura e più che mai quella attuale femminile che rivendica per sè la stronzaggine maschile dell'egoismo e della supremazia del fallo, uno stravolgimento che di vantaggi non ne porterà mai alcuno. 
le donne si perdono le cose migliori della loro esistenza e sono sempre più disperatamente sole, fumano e bevono guadagnando solo cattiva salute e immaginano esistenze manageriali e aggressive senza speranza di condivisione con l'Altro, solo per la cecità e la rabbia schiumosa di rivendicare quel che loro non viene garantito. ma il privilegio della diversità, maschile e femminile, ha un valore inestimabile, svenderlo significa affidarci al caos di un godimento senza limite, perdersi in vite disperate, crescere figli senza riferimento che ammazzano e torturano per noia.
e lo stesso vale per gli uomini che inseguono desideri di "maternità" irrealizzabili di fatto ancora ricorrendo, diversamente non si può, all'impianto del loro sperma - unica traccia reperibile ma temo non bastevole alla futura progenie per rispondere alla sempiterne domande di un bambino sulla propria provenienza- onnipotenza travestita da amore -quante idiozie si dicono in nome dell'amore- che, come insegnano la vita e la mia professione, da solo non è mai bastato a fare di un essere umano un buon genitore. 

fonte: nuovateoria.blogspot.it

la cucina di Federico II nella Foggia imperiale

di Michele Campanaro



























“A tavola con Federico II° di Svevia ci si sedeva con stile”, annotava anni orsono il collega Attilio Tibollo, “si affrontava i temi meno cruenti, ma non per questo irrilevanti per quello spirito poliedrico. Sedeva con musici, rumanzaturi, maestri di fabbrica, belle donne”. Ospite del “Puer Apuliae” anche il figlio del re d’Inghilterra, Riccardo di Cornovalgia, che tornava dalle Crociate. “Il conte, stanco e sfinito del lungo viaggio nella calda stagione, ebbe prima ristoro di bagni, salassi e corroboranti, quindi si passò ai divertimenti. Con sua grande meraviglia ascoltò musiche strane, suonate su strumenti mai visti, ammirò i giocolieri e le danzatrici saracene che eseguivano balli fra loro, scivolando leggermente su grosse sfere, sul pavimento liscio e lucente al ritmo di cembali e castagnette”, così descrive l’episodio Ernest Kantorowicz.
Biscotti e miele erano i piatti dominanti nella dieta di Federico II° per disintossicare l’organismo dalle grandi mangiate di carni allo spiedo consumate al campo durante la guerra, o in marcia o a caccia. Preferiva la lepre, le allodole, i fagiani e i volatili quest’ultimi catturati dai falchi da lui stesso addestrati. Tra insalate e frutta, soprattutto agrumi ed uva c’era il “biancomangiare” un pollo ripieno di mandorle, latte e spezie varie o il pollo servito con “l’agliata”, una salsa d’aglio diluita con vino ed aceto, innaffiato con un corposo rosso di Troia. Tra le salse prediligeva la “saracena” tipica di Lucera a base di uvetta passa, mandorle, aceto e spezie varie. Sporadicamente mangiava colombi teneri di allevamento spalmati di miele e passati alla brace con erbe aromatiche. Il gusto raffinato dell’imperatore era per il pesce. “Alla tua fedeltà ordiniamo che a Berardo, cuoco della nostra cucina, tu faccia dare dei buoni pesci di lesina ed altri dei migliori che si possono trovare, affinché egli faccia per noi l’aschipescia e la gelatina che manderai a noi in fretta, secondo il nostro ordine”, così impartiva l’ordine Riccardo di Pulcaro per i cibi preferiti di Federico II° e l’aschipescia era la leccornia preferita, un piatto che risentiva fortemente l’influenza dei costumi saraceni. E’ sicuramente saracena la ricetta di questo piatto di pesce tuttora usato, soprattutto nel meridione: anguille grasse del  lago di Lesina, in provincia di Foggia, tagliate a pezzi, fritte senza farina. Ancora fumanti vengono affogate in aceto forte di vino bianco, per la conservazione. Il menù dell’imperatore si arricchiva anche di un piatto di terra: i funghi. I cronisti riportano che Federico ordinava la preparazione: ”Prima li bianchissiro, cioè li facciano per poco bollire in acqua. Indi li salino e li conservino in cognetti (tipico botticello  cilindrico)”. Funghi che servivano per fare la zuppa, cotti con olio e conditi con uno spicchio d’aglio prezzemolo tritato, alici e sugo di limone. Tra le bevande prediligeva l’acqua di calabrice, un’aperitivo-digestivo che degustava quando era a caccia sul Gargano. Il calabrice è una pianta selvatica che si trova tutt’oggi sul Gargano, è simile al pero selvatico, dal frutto pieno e rosso. I noccioli simili a quelli dell’ulivo pestati e abbrustoliti danno una polvere che diluita in acqua bollente producono la bevanda aromatica. Nella cucina federiciana non c’era il pane, ma formelle biscottate fatte con farina di frumento, latte, miele e burro, cotte in forni a legna erano leggerissime e croccanti. Poi il pane casereccio confezionato con lievito e sale ed il pane vendereccio: bianco di semolone, oppure di farina e crusca. Nel menù di Federico ampio spazio alle verdure ed erbe spontanee: caccialepri, borragine, ruchetta, crispigni, finocchietti, cicoriella e carboncelli. Venivano lessate e condite con olio crudo. Si deve all’imperatore il piatto di fogliammischate (verdure miste con cotenna), tanto diffuso in Capitanata, nel corso dei secoli si è aggiunta la pasta ed in seguito il pomodoro. Infine le torte salate e dolci, fra le quali gustose ed apprezzate le frittelle imperiali a base di formaggio di mucca, chiaro di uovo, farina, pinoli ed uva passa.

Testo di Michele CampanaroGiornalista, scrittore, regista. Ha diretto il quotidiano “Qui Foggia” e le emittenti televisive “Videosud”, “Teleblù” e “Teledauna”. Ha pubblicato “Metti in tavola il Mediterraneo” e “Deliceto a Tavola”. Prossime pubblicazioni: “La ghiotta e gustosa Capitanata” e “Leccornie natalizie in Capitanata”. Ha realizzato gli audiovisi gastronomici de “Il Sigillo di Federico II°”

fonte http://www.taccuinistorici.it/ita/news/medioevale/usi-curiosita/A-tavola-con-Federico-II-nella-reggia-di-Foggia.html

fonte: alfrdodecclesia.blogspot.it

15/03/16

nascita e ruolo delle accademie d'arte

L’accademia è un’istituzione culturale, pubblica o privata, volta alla promozione e all’insegnamento delle arti figurative sulla base di regole e canoni precisi. La sua nascita ha luogo in contrapposizione alle corporazioni di stampo medioevali e costituisce il punto di arrivo del processo, sviluppatosi lungo tutto il rinascimento di promozione dell’artista, dall’originaria condizione di lavoratore manuale a quella più elevata di intellettuale. In tal senso, le accademie, svolgono una duplice funzione; forniscono una legittimazione teorica al processo creativo – grazie all’elaborazione di una concezione dell’arte in cui prevale il momento inventivo rispetto a quello operativo e pratico – e, allo stesso tempo, provvedono alla formazione dell’artista. Tale formazione prevedeva lo studio di materie classiche e scientifiche quali la storia, la filosofia, l’anatomia, la geometria, la matematica e l’esercizio pratico sul disegno, attraverso lo studio dal vero e da copie e modelli; particolare importanza era data alla rappresentazione della figura umana, considerata l’aspetto più qualificante di un’opera.
Quella che viene considerata in assoluto come la prima Accademia d’Arte fu istituita da Cosimo I dei Medici nel 1563 a Firenze su suggerimento di Giorgio Vasari.

Benvenuto Cellini, disegno per il sigillo dell'Accademia di Disegno di Firenze, 1562, British Museum, London
Benvenuto Cellini, disegno per il sigillo dell’Accademia di Disegno di Firenze, 1563, British Museum, London
Essa traeva origine dalla Compagnia di San Luca formata, nel 1339, tra gli artisti fiorentini quando ancora, secondo gli statuti medievali, i pittori venivano immatricolati all’Arte dei Medici e degli Speziali perché assimilati agli speziali per la macinatura e la preparazione dei colori, mentre gli scultori e gli architetti figuravano tra i membri dell’Arte dei Maestri di Pietra e di Legname.
L’idea di formare una nuova Accademia e Compagnia emancipata dallo spirito artigianale e garante del valore intellettuale dell’attività artistica fu quindi del Vasari ben consapevole di quanto si fosse evoluto nel tempo lo stato sociale dell’artista. Per lui riconoscere e far riconoscere l’eccellenza degli artisti significò non soltanto sottolineare la nobiltà del loro impegno e la dignità con cui dovevano essere onorati nella società, ovvero occupare una posizione elevata nella scala sociale, ma anche assicurare la trasmissione di questa eccellenza con un adeguato insegnamento.
Ed infatti accanto al disegno, padre di tutte le arti, si impartivano anche insegnamenti di matematica, prospettiva, anatomia e iconografia.
Dieci anni dopo venne ordinato a Perugia un cenacolo del tutto affine anch’esso dedicato alle attività dei cultori d’arte del disegno e voluto con l’intento di integrare il carattere pragmatico del mestiere appreso in una bottega privata con lo stile dottrinale delle lezioni impartite in un’aula pubblica.
Come Accademie del disegno nacquero in seguito quella dei Desiderosi (poi rinominata degli Incamminati) fondata nel 1580 a Bologna dai Carracci e quella di San Luca a Roma (1593).
La nascita delle Accademie prese avvio anche dall’aspirazione degli artisti più giovani di conseguire una valida preparazione teorica; la sua esistenza partì dal momento in cui un gruppo di persone, riunite insieme per discutere, fissò una serie di leggi interne, scegliendo una sede e adottando un’impresa. Un traguardo epocale che segnò un vero e proprio spartiacque tra le corporazioni medioevali e la concezione di arte intesa come fusione tra mestiere e studio.
Le Accademie d’Arte rinascimentali, oltre ad occuparsi del perfezionamento degli artisti nel disegno, nella pittura e nella scultura aiutavano gli iscritti quando si trovavano privi di committenze, per esempio finanziando dei cantieri, o quando dovevano tutelarsi in tribunale. Sempre alle stesse istituzioni era affidato il compito di vigilare sulle opere di artisti celebri come quelle di Michelangelo, Raffaello ecc., per evitarne l’esportazione dallo Stato.
Il tirocinio del disegno non era solo prerogativa delle Accademie in verità: dal cinquecento al settecento il suo esercizio per la formazione dei giovani venne promosso anche privatamente da gruppi, o compagnie, d’artisti che si riunivano presso lo studio o l’abitazione di un maestro di chiara fama, o presso la dimora di un mecenate per disegnare e dipingere. Queste riunioni, e di conseguenza le esercitazioni che vi si tenevano, così come l’ambiente che le ospitava, vennero definite dalla storiografia seicentesca Accademie o Accademie del disegno e/o del nudo, individuando soprattutto nella presenza del modello vivente l’elemento caratterizzante e distintivo del tirocinio rispetto alle normali botteghe, al punto che, più tardi nel Settecento, lo stesso studio del disegno del nudo poteva essere definito Accademia.

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L’ Accademia di Baccio Bandinelli, 1550 Enea Vico (1523–1567) Incisione 30.6 x 47.9 cm – Museum of Fine Arts, Boston
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Agostino dei Musi L’Accademia di Baccio Bandinelli 1531 Incisione, 27.3 x 29.9 cm. Biblioteca Marucelliana, Florence

Il termine Accademia, quindi, se circoscritto all’ambito della formazione e della produzione artistica, definì nel corso del Seicento due realtà diverse; una istituzionale, posta sotto la protezione del potere politico e finalizzata soprattutto alla promozione sociale degli artisti e alle discussioni di carattere teorico sull’arte; l’altra intesa come iniziativa privata finalizzata alla formazione dei giovani aspiranti artisti e alla trasmissione di nozioni tecniche e stilistiche. Determinante per la diffusione delle Accademie del nudo seicentesche fu il modello offerto dai Carracci inaugurato agli inizi degli anni ottanta del cinquecento a Bologna. Agostino Carracci, per facilitare l’apprendimento dell’anatomia umana, aveva eseguito una serie di disegni di dettagli anatomici che venivano copiati dai giovani e che dopo la sua morte vennero tradotti in incisioni e raccolti nel volume dal titolo “Scuola perfetta per imparare a disegnare tutto il corpo umano”.Attraverso il disegno dal vero e non dal modello antico i Carracci seppero in sostanza coniugare la teoria con la prassi, il modello delle istituzioni pubbliche con l’esercizio pratico delle scuole private.
Agostino Carracci, immagine tratta da Scuola perfetta per imparare a disegnare tutto il corpo umano
Agostino Carracci, immagine tratta da Scuola perfetta per imparare a disegnare tutto il corpo umano
I Caracci inoltre percepirono e iniziarono a chiedersi se fosse in atto una sorta di decadenza del principio in base a cui l’arte è valida ed è tale soltanto attraverso il frutto di una ricerca mentre non vale niente se è soltanto decorazione. Il problema non è mai stato veramente superato perché ancor oggi in molti sono convinti che l’arte serva solo in qualche modo ad abbellire la vita, dando dignità a un luogo o per accompagnare le attività religiose. Si può intendere la qualità e profondità delle discussioni anche in relazione al fatto che all’interno dell’Accademia degli Incamminati gli artisti potevano disegnare dal vivo i modelli nudi, cosa proibita dalla Chiesa in pieno spirito della Controriforma.
L’importanza delle Accademie nell’emancipazione di un’artista, almeno nelle fasi iniziali, è fuori di dubbio; per quanto concerne invece la loro valenza didattica si avanzano molte perplessità. Alcuni sostengono che i più grandi geni artistici del tempo si erano formati tutti nelle botteghe mentre dopo la nascita delle accademie se ne videro ben pochi. Un esempio fra tutti Caravaggio, formatosi anch’esso in una bottega. Io credo che questo sia piuttosto vero e particolarmente visibile al giorno d’oggi. Nelle botteghe l’apprendistato iniziava sin da piccoli, negli anni migliori per sviluppare e affinare un talento, mentre nelle accademie si accedeva in età più avanzata e chi vi entrava senza aver maturato l’esperienza della bottega rischiava di lasciarsi alle spalle gran parte della propria forza creativa.
Mi viene spontaneo rivolgere il pensiero a quella che è la situazione attuale in merito. I bambini vengono introdotti all’arte del disegno solo nella scuola dell’infanzia. Dalla prima elementare in poi è una pratica che si va via via perdendo. Il giovane che arriva all’Accademia d’arte è portato da una presunta propria capacità artistica che non si è ancora sviluppata a dovere, negli anni in cui dovrebbe essere già approfondita. Gli esiti finali sono piuttosto evidenti; una schiera di conoscitori d’arte, che infine è ciò che produce lo studio accademico oggi, contro una carenza assoluta di veri geni artistici.
Sembra incredibile, eppure già nel rinascimento si cercò di ridimensionare l’importanza della tecnica. Questo perché l’eredità del medioevo, con la sua ossessione per la perfezione tecnica, aveva segnato scarso interesse per la figura dell’artista. Due furono quindi le novità del rinascimento; l’idea del genio e l’opera come rappresentazione di una personalità, non più associata con l’imitazione dei maestri, la perizia e la tecnica, ma libera espressione della propria unicità.
La genialità era vista come dono di Dio, concessa al singolo artista, innata e irripetibile che non può essere insegnata o trasmessa ad altri. A fare di un artigiano un artista non è più l’abilità tecnica ma i contenuti che riesce a far vivere nell’opera.
L’ossessione della tecnica doveva per forza produrre una sorta di rivoluzione nel campo dell’arte per poter dare dignità alla figura dell’artista in un momento storico che vedeva l’uomo al centro dell’universo. Ma le tecniche artistiche erano a quei tempi così saldamente consolidate che non necessitavano di ulteriori accanimenti teorici e pratici. Spontaneo e naturale doveva apparire all’artista concentrare le proprie forze in altre direzioni. Questo produsse col passare dei secoli un effetto devastante; il sapere tecnico dei maestri antichi si perse piano piano nell’incosciente caparbietà umana della rivendicazione dell’io.
Ed è proprio nel rinascimento che l’artista diventa di moda, più della sua stessa arte che, da strumento di culto, si trasforma in oggetto di culto. Una testimonianza è l’interesse che scaturì per gli schizzi, i bozzetti e tutto ciò che è incompiuto che esprimeva la convinzione che la genialità non è mai esprimibile fino in fondo. Il genio impossibilitato a esprimersi appieno è il primo passo verso il genio incompreso che diventerà un cliché nei secoli successivi. Ancor oggi molti preferiscono un’opera incompiuta a una rifinita alla perfezione. Prendiamo per esempio il caso di Michelangelo; tre quinti delle sue sculture sono incompiute e c’è chi ritiene che furono lasciate in questo stato di abbozzo dall’artista perché non riusciva ad immaginarle più sorprendenti di così. Ma se pensiamo che Michelangelo prima di morire distrusse una gran quantità di disegni preparatori e cartoni risparmiando solo i migliori “per non apparire se non perfetto” come scrisse il Vasari è altamente improbabile che avesse lasciato le sue opere incompiute ritenendole perfette così.

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Michelangelo “Prigionieri”
Era necessario divagare un po’ in quest’ultima parte parlando di artisti e genialità per percepire la vera essenza e novità che l’inserimento delle accademie nel mondo dell’arte portarono con sé.
Né va dimenticato che l’insegnamento artistico nelle Accademie diventò sempre più elitario e riservato ad artisti abbienti scelti proprio in base alle proprie condizioni sociali mentre alle botteghe potevano accedere giovani di qualsiasi ceto sociale purché dotati di talento artistico. Mi pare che in questa ultima enunciazione si sia detto tutto.

Paola Mangano

Bibliografia:

– Saper vedere la pittura, Imma Laino, Mondadori Arte, Verona 2009
– Accademie/Patrimoni di belle arti, Aa. Vv.
– Elogio della teoria Identità delle discipline del disegno e del rilievo, Aa. Vv.
– Gli italiani e l’arte, Mario Castracane, Armando srl 2011
– Formare alle professioni: architetti, ingegneri, artisti (secoli XV-XIX), Alessandra Ferraresi, Monica Visioli, FrancoAngeli, 2012

fonte: passionarte.wordpress.com

05/03/16

Luigi - 6 -

L'omicidio di Luigi Tenco.


La morte di Luigi Tenco è stata definita (sul sito Misteri d'Italia) una delle indagini più demenziali e pasticciate mai svolte in Italia.

Presentato, come molti altri casi simili, sotto veste di suicidio, è in realtà un palese omicidio.

Anzitutto una prima stranezza riguarda il foro d'entrata; la stranezza sta nel fatto che un calibro 7.65 a contatto, avrebbe spappolato il cranio e non fatto un semplice buco. L'altra cosa strana è che quel foro d'entrata non presenta micro-bruciature tipiche di un colpo d'arma da fuoco sparato a contatto (il suicida solitamente appoggia la pistola ponendola a contatto con la pelle).
Sono state trovate residui di polvere da sparo sulla tempia destra, ma sulla mano che avrebbe sparato è stato trovato solo antimonio, di fatto rendendo il guanto di paraffina negativo e non positivo come attestano gli esiti della riesumazione nella 2006.

Tenco si sarebbe sparato un colpo in testa, con una PPK 7.65 (ma altre fonti indicano una Beretta calibro 22), in una camera d'albergo (la 219), ma nessuno ha sentito niente.

Alcune foto (vedi il video) mostrano che sul volto di Tenco ci sono ferite lacero contuse. Come se fosse stato picchiato. Una è addirittura dietro la testa. Questo in contrasto con il rapporto della polizia (anche questo ricorda molto il caso Manca).

Gli organi di PG giunti sul posto portano il cadavere all'obitorio senza effettuare i rilievi di rito. Di conseguenza il cadavere sarà nuovamente trasferito nella stanza d'albergo. Particolare curioso: la camicia di Tenco è bianca, linda, e nel secondo trasporto scompare la macchia di sangue che compariva sulla camicia la prima volta. Come se qualcuno lo avesse rivestito per l'occasione.

Il corpo di Tenco risulta sporco di sabbia in più punti. La circostanza è apparentemente inspiegabile, visto che aveva passato la serata al ristorante con amici e poi - secondo le ricostruzioni - si sarebbe diretto subito in albergo.

E poi il solito balletto di incertezze sull'ora della morte, ad oggi mai appurata, sulla posizione del cadavere, l'autopsia mai fatta, la prova del guanto di paraffina non effettuato.
La solita storia. Il solito copione già visto in centinaia di casi, Cagliari, Gardini, Niki Aprile Gatti, Attilio Manca, di recente Stefano Anelli.

Infine.
Il biglietto lasciato da Tenco per spiegare la sua morte dice:
“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io, tu e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La Rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”.

Il biglietto sarà giudicato autografo da una perizia, ma dopo oltre trenta anni (evidentemente i periti se la sono presa comoda e hanno analizzato una parola all'anno).
In realtà alcuni esperti che conoscevano Tenco sostengono che la firma sia falsa e, come potete vedere nel video, pare che il biglietto sia stato artefatto.
In effetti, comparando la firma del biglietto con quella del cantautore ne viene fuori un tratto completamente diverso.

Da notare poi che Arrigo Molinari, il questore che all'epoca dette la notizia del "suicidio" di Tenco, telefonò all'Ansa, prima di essere giunto a fare un sopralluogo personalmente. Insomma, aveva già appurato il suicidio, senza aver mai visto il cadavere. Per sentito dire cioè.

Concludiamo con le parole usate dall'autore del video: La verità è che Tenco è stato ucciso sulla spiaggia e poi riportato nella stanza 219 dell'Hotel Savoy, ecco perché nessuno ha udito il colpo di pistola, ecco perché il corpo è stato immediatamente portato in obitorio e poi ritrasportato in camera (era improbabile come omicida), ecco perché gli hanno cambiato la camicia (era sporca di sabbia), ecco perché gli hanno nascosto i piedi sotto il cassettone (era necessario per non far vedere la sabbia sulle scarpe). In conclusione: quello di Tenco è stato un omicidio.

Resterebbe da capire il perché dell'omicidio. Il cosiddetto movente.
Al riguardo può essere utile ricordare che secondo l'esperto di servizi segreti Aldo Giannuli,Tenco era stato indicato in una lista del Sifar come persona scomoda e sovversiva.
Uno contro il sistema, insomma. Da eliminare. Come Rino Gaetano, come De Andrè, come Pasolini, come tanti altri di cui ancora neanche si sospetta che siano morti per altri motivi rispetto a quelli che le versioni ufficiali ci hanno riportato.

Aggiungo una nota finale. Il biglietto è stato artefatto non a caso, perché comparissero quelle "rose" nella giustificazione della morte; rose, che, unite alla data della morte, 27.1.1967 (la cui somma fa 33), danno la firma della Rosa Rossa.
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Nota finale.

Per approfondire il caso Tenco:

http://luigitenco60s.forumfree.it/?t=26753305

fonte: paolofranceschetti.blogspot.it

04/03/16

PPP - 14 -

Pasolini, “la verità nascosta” che l’Italia non vuole conoscere

Il regista Federico Bruno ricostruisce il suo ultimo anno di vita in un film che non ce l’ha fatta a uscire nel suo paese
Continua ad essere un mistero l’omicidio di , uno dei cineasti italiani più significativi della seconda metà del XX secolo, oltre che poeta, novellista e giornalista.
Il fatto è che il regista de “Il Vangelo secondo San Matteo” al momento della sua morte aveva un progetto tra le mani, “”, che era una vera e propria bomba politica: avrebbe reso pubblico il nome dell’assassino di Enrico Mattei, il presidente dell’ente statale idrocarburi del suo paese. Inolte stava per uscire “Salò o 120 giornate di Sodoma”, che non era certo “Bambi” e, come se non bastasse, aveva abbozzato un’opera contro la potentissima Chiesa Cattolica.
Nessuno avrebbe potuto accusarlo di mancanza di impegno e di audacia; aveva creduto che sarebbe stato possibile cambiare l’Italia. Tutto questo è raccontato in un film, nel film “Pasolini, la verità nascosta” che ricostruisce l’ultimo anno di vita di questo intellettuale appassionato di calcio. Il regista Federico Bruno attraverso  scrupolose ricerche sul campo ha il coraggio di mostrare cos’è successo veramente quel 2 di novembre sulla spiaggia di Ostia, dove (gli tolsero la vita a bastonate quaranta anni fa. Addirittura un’auto gli passo’ sopra più volte. In Italia il silenzio su questo argomento regna ancora sovrano, dice Bruno.
La versione iniziale sulla morte aveva indicato come colpevole Pino Pelosi, un giovane di 17 anni con il quale si ipotizza che avesse un appuntamento per intrattenere relazioni sessuali. Per due anni il regista del film si è documentato ed ha conosciuto tutti gli amici superstiti dell’autore di “Teorema”. Soprattutto è entrato in confidenza con il più importante di loro, il “non-assassino”, come lo chiama Bruno, cioè il noto Pelosi.
Era un ragazzo di strada, di periferia, che cercava di sopravvivere come poteva e che è rimasto traumatizzato dal periodo trascorso in carcere. “Per cinque anni l’ho visto tutti i giorni, confidava ciecamente in me. Gli ho chiesto molte volte di dire la verità, ma dice che se è solo lui a dirla, il giorno dopo lo ammazzano”. La tesi del film sostiene che a Pasolini sia stata tesa una trappola in modo molto teatrale non solo per farlo fuori, ma anche per insozzare la sua immagine.
Un piano, sottolinea Bruno, che richiede troppa intelligenza. “Abbiamo scoperto che non aveva conosciuto Pino quella notte, come era stato affermato dallo Stato nel 1975. Lo aveva conosciuto 3 mesi prima”, afferma il regista italiano, che denuncia: ”Abbiamo scoperto più cose noi in poco tempo che in 40 anni di indagini giudiziarie”.
Il regista è stato minacciato
L’Italia si vergogna di questo omicidio? “Non vogliono parlare di Pasolini, non vogliono rimestare nel passato. Con questo soggetto mi sono messo nei guai, mi sono arrivate minacce. Anonime, minacce poco serie. Pero’ cercano di isolarmi. Non mi hanno invitato né alla festa del cinema di Roma, né alla Mostra di Venezia. Il film è stato un flop, non è mai uscito in Italia, non è stato accettato”, racconta con rassegnazione il regista di questa pellicola lanciata nel 2013. Aggiunge con un sorriso amaro che, se non trova uno spazio nemmeno in occasione del quarantesimo anniversario, non sa quando diavolo lo possa trovare.
Condanna il film di Abel Ferrara sul regista : “Presenta un Pasolini disonesto e perverso”. Perché tanto interesse per questo cineasta? “Parlare di Pasolini è parlare dell’Italia. Molti italiani pensavano che fosse un pervertito e  un disonesto. Gli intellettuali sapevano che era un genio, ma l’opinione generale era molto negativa. Volevo riscattarlo” spiega.
“L’artista come denuncia vivente”, dice Pasolini per bocca di Alberto Testone, l’attore che gli somiglia enormemente e che lo interpreta nel film. Pasolini non si è mai rilassato? “Era molto libero, molto critico. Gli piaceva attaccare sempre il pensiero comune. Aveva un’intelligenza smisurata e vedeva le cose sempre in un altro modo. Sapeva che l’avrebbero ucciso. Aveva superato un limite, ma non gli interessava. Era molto coraggioso” racconta Bruno.
Ma questa libertà totale derivava da una certa solitudine, come commenta con tenerezza sua madre nel film: “Come sempre non ti hanno capito”. E Pasolini [ si intende Bruno, NdR] insiste: “ Tutta l’ intellighenzia e la borghesia l’hanno isolato. Le persone normali possono seguire sentieri battuti, ma le persone geniali non saranno mai accettate. Fellini non l’ha trattato bene. Un genio dà, è altruista. Tutti i geni arrivano troppo presto. La chiesa ha riconosciuto che “Il Vangelo secondo San Matteo” è il film più cattolico del mondo. Il tempo ha le sue regole. Solo dopo 40 anni iniziano a capirlo (si comincia a capire)”, spiega appassionatamente Federico Bruno.
http://www.tgvallesusa.it/2016/02/pasolini-la-verita-nascosta-che-litalia-non-vuole-conoscere/www.tgvallesusa.it
fonte: alfredodecclesia.blogspot.it